-------------- L' evoluzione della produzione ---------------

Il buon responso commerciale del modello

Il modello in questione, sin dal suo esordio sul mercato automobilistico dell' epoca, ottenne un buon responso commerciale a livello di vendita, almeno sino al palesarsi della pesante crisi energetica che colpì l'economia occidentale nel corso dell' anno 1973, poi la conseguente ( e inevitabile...) contrazione di vendite che colpì il modello spinse la casa madre all' adozione di contromisure, attuate nel tentativo di risollevare le sorti commerciali dela vettura.

 

L' Alfetta 1600

Nel corso dell' anno 1975, in piena crisi petrolifera, venne quindi presentata una versione semplificata dell'Alfetta, che come prevedibile montava un motore caratterizzato dalla cilindrata ridotta a 1570 cm³, ma comunque in grado di erogare la potenza di 109 CV (secondo norme DGM).

Il nuovo propulsore derivava direttamente dalla versione già montata sulla serie delle Giulia (nella versione più potente, utilizzata fino al 1974 su GT e Spider), e rispetto al propulsore di 1779 cm³ vennero ridotti sia l'alesaggio (78 mm) , sia la corsa (82 mm), mentre esternamente l' Alfetta 1600  era facilmente distinguibile dall' Alfetta 1800 a causa del frontale, contraddistinto dalla presenza di una sola coppia di fari, di dimensioni notevolmente maggiori rispetto a quelli che equipaggiavano l'altro modello, mentre per il resto, seppur dotata di un allestimento degli interni più economico, era abbastanza simile alla sorella maggiore.

Anche Il comportamento su strada delle due vetture era molto simile, poichè la riduzione della potenza erogata dal motore rispetto a quello che equipaggiava il modello da cui derivava aveva causato un modesto peggioramento dei tempi di ripresa e un piccolo calo del valore della massima velocità raggiungibile dall' autovettura, mentre in effetti furono penalizzate soprattutto le doti di ripresa da bassa velocità nelle marce più alte, e in conseguenza di ciò il presunto beneficio in termini di consumo invece venne vanificato dalla necessità del conducente di mantenere una condotta di guida più nervosa allo scopo di sopperire al calo prestazionale dovuto alla riduzione della cilindrata.

 

L' Alfetta 1800

Nel corso dello stesso periodo l'Alfetta 1800 subì qualche lieve ritocco estetico, in quanto la sua calandra venne corredata di uno scudetto Alfa di maggiori dimensioni, più gradevole esteticamente rispetto al precedente, e più vistoso, mentre nel contempo Il motore invece venne fatto oggetto di alcune modifiche, la cui conseguenza primaria furono una riduzione della potenza erogata, che si attestò sui 118 CV, associata però ad una maggior fluidità di funzionamento.

 

L' Alfetta 2000

Nel corso dell'anno 1977, durante lo svolgimento del Salone di Ginevra, fece il suo esordio l' Alfetta 2000, caratterizzata dalla presenza di alcune rilevanti novità, sia estetiche, sia meccaniche, che per la prima volta la diversificavano nettamente dal modello dal quale derivava, in quanto la nuova versione era facilmente distinguibile dalle sorelle minori a causa della diversa foggia del frontale, completamente ridisegnato, che oltre a essere più basso e più lungo di ben 10 cm rispetto a quello dell'Alfetta 1800 prodotta sino ad allora, era contraddistinto dalla presenza di due soli fari, di foggia rettangolare, anzichè circolare.

I paraurti erano sempre di acciaio inox, ma vennero corredati di inserti in materiale plastico, ed incorporavano anche i nuovi indicatori di direzione, mentre invece i finestrini anteriori persero il deflettore, e i gruppi ottici posteriori vennero sostituiti da altri, caratterizzati da dimensioni molto maggiori rispetto a quelli che equipaggiavano la sorella minore, mentre gli interni della nuova versione vennero poi contraddistinti dall'adozione di un nuovo cruscotto, realizzato completamente in materia plastica, e dal disegno del nuovo volante, totalmente diverso rispetto al precedente.

Dopo il restyling a cui era stata sottoposta, la carrozzeria appariva nel complesso più moderna, anche se meno personale, più anonima e meno sportiva rispetto a quella dei modelli prodotti in precedenza, mentre Il motore invece derivava direttamente dalla versione di 1779 cm³, di cui mantieneva anche l'originaria potenza di 122 CV.

La maggiorazione della cilindrata venne ottenuta incrementando l'alesaggio al valore di  84 mm, ma mantenendo invariata la corsa, il cui valore era di 88,4 mm. Inoltre venne migliorata l'insonorizzazione delle parti meccaniche, e si intervenne anche sulle sospensioni, che furono ritarate, allo scopo di privilegiare il comfort di marcia.

 

Le Alfetta 1600 e 1800 unificate

Nel frattempo le versioni 1.6 e 1.8 vennero unificate, sia negli allestimenti interni, sia nell'aspetto esteriore. Nel corso dell' anno 1978 la nuova Alfetta 2.0 divenne l'Alfetta 2000 Lusso, e ciò grazie all'adozione di fniture meno approssimative e più accurate, nonchè al motore, potenziato a 130 CV.

 

L' Alfetta Turbodiesel

Nel corso dell' anno 1979 venne presentata la prima autovettura italiana a gasolio sovralimentata, vale a dire l'Alfetta 2000 turbodiesel, che esternamente era distinguibile dalla versione alimentata a benzina solo a causa delle feritoie di aerazione presenti sui paraurti anteriori.

Questa vettura era equipaggiata con un motore turbodiesel prodotto dall' 'italiana VM Motori, che era in grado di sviluppare una potenza di  82 CV, il che gli consentiva di raggiungere una velocità massima di oltre 155 km/h, facendone la 2000 turbodiesel più veloce in produzione all' epoca, mentre l'aumento di peso dipendente dall' adozione del nuovo propulsore comportò l' effettuazione di una serie di modifiche, quali l' irrigidimento delle sospensioni, una maggiore demoltiplicazione dello sterzo, e l' adeguamento dei rapporti del cambio alle caratteristiche del nuovo propulsore.

 

L' Alfetta 1800 rinnovata

Nello stesso anno la versione 1.8 venne sottoposta ad un ripotenziamento del motore che la equipaggiava, il quale riacquistò gli originari 122 CV di potenza massima, erogati però al regime di 5300 giri/min anziché al regime di  5600 giri/min.

 

L' Alfetta 2000  "America"

La presenza dell' Alfetta sul mercato nordamericano risale all' anno 1975, quando iniziò la distribuzione oltreoceano di un modello analogo alla 1.8 prodotta in Italia, dotato però di un motore di 2 litri a iniezione meccanica.

Nel corso dell' anno 1978 la vettura, conosciuta anche con l' appellativo di Sports Sedan, venne ristilizzata, seguendo la falsariga della 2.0 L, e proposta anche equipaggiata con il catalizzatore, ma a causa dell' adozione di tale dispositivo la potenza erogata dal motore scese di valore, attestandosi sui 111 CV a 5000 giri/min, anziché i 130 CV a 5400 giri/min della 2.0 L a carburatori.

In totale furono 3636 le unità esportate oltreoceano appartenenti alla prima serie, e 3919 quelle appartenenti alla seconda serie, di cui 1903 corredate di dispositivo antinquinamento, mentre nel corso dell' anno 1981 la casa madre diede l' avvio alla commercializzazione di una serie di vetture identiche al modello USA e pertanto esse vennero denominate Alfetta 2.0 Li America.

Tale versione, prodotta in 1307 esemplari, veniva commercializzata nel solo colore grigio chiaro metallizzato, e si distingueva dalla normale 2.0 per la presenza dei doppi proiettori circolari, dei cristalli bruniti, dei cerchi in lega leggera, della sottile fascia antiurto montata sulle fiancate ed i paraurti maggiorati, che la rendevano immediatamente identificabile, e, come il modello concepito per il mercato americano, era corredata di un impianto di iniezione meccanica Spica, ma a differenza dello stesso non era equipaggiata con il catalizzatore, sicché il motore che la equipaggiava sviluppava una potenza massima è di circa 125 CV, a 5300 giri/min.

 

L' Alfetta "Quadrifoglio Oro"

Nel Giugno dell' anno 1982, la gamma si arricchì di una nuova versione, denominata Quadrifoglio Oro, mossa dal motore 2000 ad iniezione meccanica della 2000 LI America, e caratterizzata esternamente dalla presenza dei doppi proiettori anteriori, dagli inediti cerchi in lega, di foggia molto gradevole e particolare, nonché da alcuni componenti di color marrone scuro, quali la fascia sottoporta, i paraurti, la calandra, e le cornici dei fari posteriori, mentre la sua dotazione di serie, molto completa, era arricchita dall' adozione di check control, dalla regolazione elettrica degli schienali anteriori e dell' altezza del sedile guida, dai vetri elettrici posteriori, dalla chiusura centralizzata e dal trip computer.

--------------------- Le Alfetta particolari -------------------

L' Alfetta Station Wagon

Nel corso dei primi anni 80, una singolare forma di collaborazione che si instaurò fra la casa madre, la rivista Autocapital, (che all' epoca si occupava soprattutto di automobilismo di nicchia), e la Carrozzeria Zagato, sortì come esito principale la produzione di un prototipo di un' inedita versione familiare della nota autovettura.

Tale versione, farcita di qualsivoglia tipo di optional, e strapiena di spie e di elettronica, in ossequio alle tendenze automobilistiche che imperavano all' epoca, venne appunto testata dalla rivista summenzionata, che espresse in quel frangente pareri molto positivi sull' autovettura.

E' palese il fatto che all' epoca, a causa delle sue ben note carenze (rifiniture mediocri, difetti nella componentistica impiegata per realizzare i modelli), l' industria automobilistica nostrana soffrisse di una specie di complesso di inferiorità nei confronti della concorrenza straniera, e che il prodursi da parte di una casa automobilistica italiana come l'Alfa Romeo (che a causa del suo blasone sportivo da sempre godeva di un buon credito all' estero) in un esperimento del genere sancisse anche in modo inequivocabile le nostre capacità in ambito automobilistico.

Benché l' autovettura si fosse dimostrata valida e promettente, i vertici dell' Alfa Romeo, probabilmente consapevoli del fatto che L' Alfetta scontava ormai a livello commerciale una certa sua anzianità di progetto, decisero di non dare alcun seguito concreto all' esperimento. 

    

L' Alfetta Turbodelta berlina

L' Alfetta Turbodelta venne all' epoca prodotta in un limitato numero di esemplari, circa una ventina. Si trattava sostanzialmente di un modello allestito in massima parte utilizzando la meccanica che equipaggiava le GTV Turbodelta, trapiantata su un certo numero di esemplari dell' Alfetta 2000L, e di ameno un esemplare allestito utilizzando come base un' Alfetta 2000 LI America.

 

L' Alfetta 2000 CEM

Tale autovettura venne allestita anch' essa in una serie limitata di esemplari, non più di una decina, utilizzando come base di partenza la scocca dell' Alfetta 2000 America, e nel corso dell' anno 1981 vennero concessi in comodato d' uso ad un ristretto numero di taxisti, con lo scopo di collaudare il sistema modulare di accensione che equipaggiava il loro propulsore, dopo essere state ridipinte nel particolare giallo che contraddistingueva all' epoca i taxi milanesi.

Successivamente la casa madre le ritirò dalla circolazione, e attualmente l' unico esemplare sopravvissuto è custodito, ma non esposto, presso il museo di Arese... Dopo aver vagliato attentamente i risultati dei collaudi effettuati, L' Alfa Romeo diede l' avvio alla produzione di circa un migliaio di Alfetta CEM, allestite però sulla base dell' Alfetta 2000, versione del 1982.

 

L' Alfetta ambulanza

Questa versione venne prodotta in piccola serie dalla scomparsa Carrozzeria Grazia di Bologna, partendo dai gruppi meccanici e dalla scocca dell' Alfetta 1800, e attualmente si ha notizia di un limitatissimo numero di esemplari di tale versione sopravvissuti, solamente due, in quanto il primo esemplare, un tempo utilizzato da una sezione della Croce Rossa calabrese, è oggi custodito in ABT, mentre il secondo esemplare invece risulta ancora in attività, poiché utilizzato attualmente da una sezione della Croce Rossa di Asti.

 

L' Alfetta Spider

Si tratta sostanzialmente di una bella spider, caratterizzata da una particolare linea a cuneo, realizzata dal Centro stile Pininfarina per conto della casa di Arese nel corso dell' anno 1972, utilizzando come base di partenza il pianale e la meccanica dell' Alfetta 1800 prima serie, che, benché validissimo esteticamente e meccanicamente, non diede luogo ad alcun seguito produttivo.

L' Alfa Romeo Alfetta due porte

Si ha poi notizia dell' esistenza di un prototipo esteticamente molto gradevole della grintosa berlina contraddistinto dalla soluzione costruttiva del padiglione molto rastremato e della scocca dotata di due sole porte, ampliate a livello di dimensioni esteriori rispetto a quella della versione normale mediante l' arretramento del montante (soluzione tipica , che si utilizzò in quel periodo su una marea di autovetture allo scopo di ottenere lo stesso risultato), ed in effetti all' epoca vennero scattate fortunosamente alcune istantanee della stessa.

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Alcune rarissime foto dei prototipi della scocca dell' Alfa Romeo Alfetta coupè

Probabilmente però, il buon successo commerciale ottenuto dalla versione GTV dell' Alfetta, già in produzione da qualche tempo, consigliò alla dirigenza della Casa del biscione di non andare oltre.

Del resto avrebbe avuto ben poco senso produrre contemporaneamente due versioni coupè di una stessa berlina, e inoltre il verificarsi di una simile evenienza avrebbe sicuramente comportato il nascere di una poco salutare forma di concorrenza interna al marchio stesso.

----- Le cifre della produzione totale dell' Alfetta ------

Ecco una tabella riassuntiva, ovviamente relativa ai numeri di esemplari di Alfetta appartenenti alle varie versioni prodotti nel corso degli anni.

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Un po' di storia... Le origini del marchio Alfa Romeo

La nascita del celebre marchio

Il primo scudetto relativo al famoso marchio nacque nel corso dell' anno 1910, ed era di foggia circolare, diviso in due parti distinte,.e tale rimase, sia pure con qualche variante, per circa novant' anni.

Nella metà sinistra spiccava l' effige di una croce rossa su fondo bianco, mentre nella metà di destra, spiccava la figura del serpente-drago simbolo del Casato dei Visconti, intento a divorare un nemico, dunque il primo logo della celebre casa era la risultante dell' unione di due simboli araldici risalenti all' epoca medioevale.

 

Le origini del simbolo della croce

la croce ricordava il fregio del battaglione lombardo partito per la Prima Crociata nell' anno 1095, durante lo svolgimento della quale, a capo dell’esercito, diretto in Terra Santa, c’era Ottone Visconti, signore di Invorio e di Oleggio Castello, antenato di quei Visconti che, trecento anni più tardi, sarebbero diventati signori di Milano.

Cinque anni dopo, al ritorno in patria dei crociati lombardi, la città adottò la stessa croce come insegna del comune, a riconoscimento del valore militare dimostrato in battaglia dai suoi prodi cavalieri.

 

Le origini del simbolo del serpente

Più curiosa ancora la storia del Biscione, poichè Il simbolo, associato ovviamente alla forza, alla sagacia e alla potenza, appartienva alla tradizione dei Longobardi, presso i quali il serpente in campo azzurro era considerato un portafortuna e utilizzato sugli stendardi di guerra.

Nell' anno 1295 Matteo Visconti, diventato nel frattempo Signore di Milano, chiese agli scrittori di corte di creare ad personam una sorta di “Saga dei Visconti” , con l' evidente scopo di nobilitare un passato in realtà non particolarmente brillante, e la scelta cadde sul retaggio longobardo, mentre contemporaneamente il serpente diventò l’emblema dello stemma trecentesco.

Per rafforzare ancora di più il fantasioso legame tra il Casato dei Visconti e l’antica popolazione, venne fatta circolare la leggenda del longobardo Uberto, antenato di Matteo, che avrebbe liberato le campagne circostanti da una tremenda minaccia uccidendo un terribile drago, sicché a questo punto gli araldisti di corte crearono l' effige del Biscione, composta unendo una testa di drago e il corpo del serpente longobardo.

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 L'effige  della  croce viscontea (a sinistra), ed il simbolo del 

 serpente-drago (a destra), dall'  unione dei quali  nel  corso 

 dell' anno 1910  prese origine  ilcelebre marchio Alfa Romeo

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L' evoluzione stilistica del logo dell' Alfa Romeo, dall' anno 1910 sino ai primi anni 70